venerdì 9 dicembre 2016

Il valore di certe attese



C' era una volta un pescatore il quale, un giorno, ritirando le reti, vi trovò impigliato un vaso di rame.

Lo aprì e, come nelle peggiori barzellette, ecco che ne uscì un genio il quale disse:

"Io sono uno di quegli spiriti ribelli che si opposero alla volontà di Dio. Tutti gli altri Genii riconobbero il gran Salomone per profeta di Dio, e si sottoposero a lui. Sacar ed io fummo i soli che non volemmo commettere simile bassezza. Per punirmi ei mi chiuse in questo vaso di rame, e per esser certo che io non forzassi la mia prigione, impresse egli stesso sul coperchio di piombo il suo
sigillo ov’è inciso il gran nome di Dio. Fatto ciò, diede il vaso ad un Genio coll’ordine di gettarmi in mare.

Durante il primo secolo della mia prigionia giurai che se qualcuno mi liberava, l’avrei fatto ricco anche dopo la sua morte. Nel secondo secolo giurai di aprire tutti i tesori della terra a chiunque mi mettesse in libertà. Nel terzo promisi di far potente monarca il mio liberatore, di stargli sempre vicino, ed accordargli ogni giorno tre desideri qualunque natura si fossero.

Infine, disperato, giurai di uccidere senza pietà chiunque mi liberasse in seguito, non accordandogli altra grazia che la scelta della morte. Ordunque, poiché tu oggi mi hai liberato, scegli come vuoi ch’io ti uccida?" (Se volete sapere come va a finire mi sa che vi tocca leggere Le mille e una notte.)

Questa storia, che lessi tantissimo tempo fa, mi ritorna in mente di tanto in tanto. Cosa mi vorrà dire? Che forse aspettare è un po' morire? Che aspettare troppo istiga gli istinti omicidi? Ma l'attesa di un bacio non era pur essa stessa eccetera eccetera?

Ad ogni modo, fate attenzione a quando aprite un vaso. Ma ancora di più, a quando ci chiudete qualcosa dentro.

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