martedì 25 ottobre 2016

SYSTEM ERROR



Nella prima puntata della serie Westworld, che sto seguendo con moltissimo interesse, si può sentire uno straordinario e inquietante Antony Hopkins recitare (grossomodo) il seguente dialogo:

"L'evoluzione ha plasmato tutta la vita senziente su questo pianeta, usando un unico mezzo, l'errore. Tu stesso sei il risultato di trilioni di errori."

Mi sembra un'affermazione molto vera, ma sento che merita una precisazione. Siamo il risultato dei trilioni di errori di chi ci ha preceduto, è vero, ma io ci aggiungerei anche quel milione o due di topiche che prendiamo noi, nel corso della nostra miserabile esistenza.

Che se poi andassimo alla ricerca dei duplicati scopriremmo che, in realtà, facciamo più o meno sempre gli stessi sbagli; come si dice, perseverare è diabolico. Per me, per lo meno, vale così; ci sono errori dai quali non riesco a scappare, e altri che invece non voglio, semplicemente, evitare.

Non voglio smettere di provare a fidarmi delle persone, per quante legnate nei denti (metaforiche, eh) possa prendere. Però alla lunga è una cosa stancante, che logora, che sfianca. Ogni volta spero che mi resti almeno un po' di forza per la volta dopo; per il momento qualche briciolino c'è ancora, vedremo quanto dura.

Certo, tre o quattro volte ho scommesso tanto e ho vinto moltissimo; e una vocina dentro mi dice che forse dovrei ritirarmi con la "vincita", e godermela; ma non ci riesco, non ce la faccio: sono avida, avida di calore umano, una specie di vampiro emotivo. Sono il bene che porto e quello che ricevo che mi tengono viva. Al cor gentile rempaire sempre amore; questo mi piacerebbe che fosse scritto sulla mia lapide. Ma, fatto abbastanza curioso, è proprio questa fame che in qualche caso ha mandato tutto a puttane,

Lo so che qualche volta, e magari anche più di "qualche", sono stata io lo "sbaglio" di qualcun altro; ma non è che consola, anzi.

lunedì 24 ottobre 2016

Arcobaleni



Immagina una cosa già triste di per sé come la tangenziale di Milano. Ma fatti del male, falla ancora più triste aggiungendo le cosiddette "4 F" milanesi: famm, fumm, frecc e fastidi ("fame, fumo, freddo e fastidio"). Mettici anche una pioggerellina fine, maledetta, di quelle trasformano il traffico in marmellata e la macchina in una saponetta. E dire che nemmeno 48 ore prima quella stessa macchina la guidavi en femme con stivali tacco dieci (altro che scarpe da tennis), prode e fiera, infischiandotene pure del rischio di beccare 200 euro di verbale (art. 85 Regio Decreto 18 giugno 1931).

Passi davanti al bar ma è tardi, il cappuccio e la brioche ti fanno ciaone grande. Parcheggi in ultima fila, praticamente nel comune di fianco. L'ascensore è occupato, e ti spari tre piani di scale. Davanti alla macchinetta del caffè staziona quella manica di bastardi dell'amministrazione, che non ti saluta nemmeno se gli punti contro un mitra carico. Hm-mmm, La giornata sta proseguendo di bene in meglio.

Ti spari un tè insipido e una ciambellina che sembra di cartapesta, con abbondante colla vinilica. Quell'analfabeta funzionale del tuo capoufficio ti chiama ogni due minuti perché non riesce a far funzionare il CercaVert, o perché non sa allegare un file ad una email (nel 2016). Nel mentre ti ammorba col resoconto della partita di domenica dell'Inter, e a te già non te ne frega un'amata del calcio, figuriamoci dell'Inter.

 La natura fa il suo corso, e a tempo debito il tè vuole tornare nel mare. Ma la turca è rotta, perde acqua da sotto e ha già allagato mezzo bagno. In quella entra l'amministratore delegato (ripeto: l'amministratore delegato) e chiede a te perché non hanno ancora installato il wc nuovo. Ti guardi in giro di sottecchi per vedere se per caso sei su candid camera, poi fuggi.

Poi ti telefonano che c'è un errore nel catalogo elettronico. Poi che manca il materiale a magazzino, ma non da oggi, no; da marzo. E te lo dicono solo ora. C'è un cliente è incazzato perché gli hanno respinto un reso e vuole compiere un sacrificio umano. Vuoi prendere l'appuntamento per il tagliando della macchina di cui sopra, che sei già mille chilometri oltre il limite e il milleesei è un motore delicato, ma il sito della Citroen non funziona.

Arriva sera, il ritorno è la fotocopia dell'andata, che te lo scrivo a fare. Arrivi a casa ma esci subito per correre alla scuola di teatro. Le altre madri, fuori in attesa come te, sono l'apoteosi dello snobismo e della banalità; ti getteresti loro addosso con una bottiglia di napalm per mano. Ah, c'è ancora da preparare la cena.

Ma.

Ma, per tutto il tempo, per tutto il fottutissimo tempo, è come se uno stormo di cherubini, in volo a bordo di una mandria di unicorni che sparano arcobaleni dal didietro, cantasse a tutto spiano canzoni dei Madness sotto un cielo estivo caldo, luminoso, sereno,

Ecco come.



(Sì, lo so, ma provateci voi a trovare l'immagine di un cherubino a bordo di un unicorno che spara arcobaleni. Se ci riuscite vi do dieci euro.)