mercoledì 2 novembre 2016

La donna VHS



Nei bei tempi andati esisteva un oggetto che i più giovani - poveri loro - non hanno mai visto e solo in qualche caso hanno sentito descrivere: si chiamava videoregistratore VHS.

Era un oggettino che, nel suo piccolo, ha rivoluzionato la vita di tutti i giorni delle persone: per la prima volta si potevano registrare dei film o dei programmi per rivederli in un secondo momento, vedere dei film presi a noleggio (e lasciamo stare per favore il filone del porno che ci sarebbe da parlare per dei giorni), eccetera.

Al giorno d’oggi, dove tutto ormai si sta virtualizzando, e a momenti anche il lettore DVD sta per andare in pensione, quel che ha rappresentato il VHS per noi “matusa” è difficile da capire, e anche noi ce lo siamo un po’ dimenticato, ammettiamolo.

Chi lo ha vissuto, ricorderà che il videoregistratore si accoppiava alla televisione mediante la fatidica presa Scart, e questo connubio aveva una particolarità: quando accendevi il videoregistratore, il segnale attivava una specie di interruttore nella TV che scollegava qualsiasi altro canale fosse stato scelto in quel momento, e passava immediatamente al film registrato. Una specie di imperativo categorico elettronico, totalmente automatico e inevitabile; a meno di non aprire la TV e tagliare un cavetto, o un diodo, o che so io.

Questo fenomeno mi ricorda delle persone (non tante a dire il vero, ma abbastanza) che ho avuto la fortuna di incontrare nella mia vita. Tutte invariabilmente di sesso femminile, che funzionavano con me un po' come il videoregistratore VHS per la TV. Non appena apparivano, avevano il potere di scollegare del tutto e immediatamente la mia “normale programmazione”, e arrivare dritte al cuore.

Impossibile dire cos’è precisamente questo “segnale pirata” che si impadronisce di me (facendomi fare il più delle volte, in passato, la figura della beota), è qualcosa di totalmente inevitabile, impossibile da contrastare e contro la quale non ho difese. C’è un modo di dire inglese, intraducibile correttamente, che lo descrive: “I can’t help it.”

E’ un cavallo di troia, è come avere dentro una specie di sabotatore della razionalità pronto a colpire a tradimento, a comando (altrui), e a perdermi. Però, ad essere davvero, davvero oneste, mai come in questi casi è vero il verso: “e naufragar m’è dolce in questo mare.”

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