sabato 25 gennaio 2014

In ricordo di A.

Pubblico qui di seguito un mio brano che ho recuperato da un sito che ho abbandonato, per cui può essere che qualcuno di voi lo abbia già letto.


In ricordo di A.
di Syuzee, maggio 2012

Sarà stato il 1984 o il 1985. Rincasavo dal liceo, verso mezzogiorno, e il percorso mi portava a incrociare la mia vecchia scuola elementare. Quel giorno di primavera ti vidi per la prima volta, mentre due ragazzini, due bulletti, ti stavano dando il tormento. Eri magrolino, biondiccio, pallido e lentigginoso, un tipico nerd insomma, di quelli che è un piacere torturare.

Due contro uno, proprio una bella cosa; e lo so bene, perché sarà successa anche a me almeno un milione di volte. E mai nessuno a darmi una mano, a soccorrermi: i bulli sono vigliacchi ma furbi, sanno scegliere bene il momento. Ma non quella volta, infatti passai io.

Non ricordo cosa dissi, ma minacciai, fisicamente e verbalmente; i due bulletti si presero una bella strizza, mollarono il colpo e sparirono come razzi. Non mi sembrava vero. Tornammo a casa insieme, con sorpresa ci accorgemmo di fare la stessa strada perché tu da poco eri venuto ad abitare nel mio cortile, e io ancora non lo sapevo.

Ci conoscemmo così, mentre tu mi camminavi a fianco con un sorriso timido e un po' triste, come se ti sentissi predestinato ad essere vittima dei prepotenti, una sensazione in parte mitigata dalla soddisfazione di avere finalmente un "amico grande", una sorta di fratello maggiore temporaneo (tu eri figlio unico) che almeno per una volta ti aveva salvato il culo.
E io mi sentivo bene per averti evitato qualcosa che, per le troppe esperienze personali identiche, sapevo essere molto sgradevole. Il dubbio di aver fatto male non mi ha mai sfiorato, in tutti questi anni.

Capitò qualche volta di rivederci brevemente in cortile, ma avevamo troppi anni di differenza e poi io ormai non giocavo più. Non ci incrociammo più fuori dalla scuola, e spero che i bulletti abbiano smesso di darti fastidio, anche se so che si tratta di una beata speranza.

Eri sempre più pallido. Mia mamma, che parlava con la tua, mi disse che ti era venuto un tumore alle ossa. Dovettero amputarti una gamba per cercare di salvarti; in cambio i tuoi genitori ti regalarono una motocicletta, un cinquantino da cross (eri ancora minorenne) su cui stavi correndo, felice, l'ultima volta che ti vidi. Una moto, lo so, non è la giusta ricompensa per la perdita di una gamba a quindici anni, ma per te andava bene lo stesso; lo si capiva da quel sorriso timido e un po' triste che avevo imparato a conoscere, e che si vedeva sul tuo viso magro e pallido.

Quando te ne andasti tua madre non lo disse a nessuno. Nessuno andò al funerale (se poi si fece), e tu fosti cremato in fretta. Ricordo ancora lo sgomento di quando lo venimmo a sapere, dopo che tutto era successo. Questione di scelte, più passa il tempo e più mi convinco che tua madre fece bene a fare così, ma non voglio spiegarne adesso il motivo. Questione di scelte, basta e avanza.

Non ho mai trovato il coraggio di raccontare a tua mamma di quella volta che ci siamo conosciuti, non ho voluto che sapesse che i tuoi compagni ti davano addosso, anche se forse se lo immaginava lo stesso. Ne ha avute abbastanza, tra la perdita dell'unico figlio e il quasi automatico divorzio subito dopo, come capita tante volte in questi casi.

Però, quando ripenso a quel giorno di primavera, a quell'unica volta in cui ho evitato un torto di quel genere, continuo a ripetermi di aver fatto bene anche se alla fin fine non è servito a niente, forse solo a me.

2 commenti:

  1. E hai detto niente Syu! Non sono credente ma nel Vangelo e' scritto "Quello che farete al piu' piccolo tra voi e' come se l'aveste fatto a me". Che e' una frase bellissima credimi.

    Mistress Desdemon

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