venerdì 27 gennaio 2012

De miseria humanae conditionis


Qualche giorno fa ho ricevuto una email piena di immagini di sbeffeggio all'indirizzo del comandante della nave che di recente si è incagliata al Giglio. Varie battute neanche tanto divertenti, come ad esempio "tonno nostronzo", e l'immancabile refrain, diventato ormai il simbolo internazionale dell'italica ignavia, ripetuto all'infinito: "vada a bordo, cazzo".

A dire il vero l'email l'ho ricevuta due volte, a pochi minuti di distanza l'una dall'altra, e in entrambi i casi da persone "insospettabili." E dico insospettabili perché mai avrei sospettato che queste due persone avrebbero potuto dimostrare un così squisito pessimo gusto. Perché ho trovato la cosa estremamente disgustosa.

Ho trovato disgustoso il grasso ghigno dell'ironia mostrato in faccia alle incolpevoli vittime della stupidità altrui, in faccia ai parenti che non potranno riabbracciare più. Come quella mamma che in un colpo solo ha perso il marito e la figlia di cinque anni (e mentre scrivo non hanno ancora ritrovato i corpi). Andate sotto casa sua, suonate il citofono e ditele, sorridendo, "tonno nostronzo! ahahahahah!"

Ditele che "sì, è vero, sono cattivissime (le battute) ma bisogna ironizzare anche sulle tragedie." Ma per favore. Non arrivo ad essere così crudele da augurarvi che vi possa capitare la stessa cosa (anche se, devo ammettere, il pensiero mi è venuto), ma vi chiedo per lo meno di mettervi nei panni di questa donna, o del padre, o della madre, o del fratello o sorella di uno dei morti o - peggio ancora - dei dispersi, c'è solo l'imbarazzo della scelta, ce n'è quasi una trentina tra cui scegliere.

Poi, provate ad immaginare come vi sentireste. A dover piangere una perdità così assurda e ingiusta, e vedervi intorno un corteo di cretini che sghignazzano e saltellano. "Perché è giusto."

Forse non è fine evocare la presenza dei "morti" per chiedere silenzio e rispetto. Ricorda tanto Montanelli che zittiva la Merlin dopo il Vajont. Si corre il rischio di venir presi per guastafeste, pedanti, insopportabilmente seri. Ma ridere delle disgrazie altrui, farne materiale buono per il cabaret è aberrante, disumano.

Anzi, a pensarci bene forse è proprio umano, invece; perché reclamare il diritto a farsi beffe di qualsiasi cosa è un atteggaimento decisamente umano. Così umano che ormai è diventato la regola, specialmente su internet che dei fenomeni (dis)umani è diventata una grande vetrina. Come quando è morto Simoncelli, e sulla nonciclopedia è apparso il titolo: "Simoncelli è caduto ancora, ma promette di non rifarlo più."

Però, anche ai tempi in cui non c'era internet era uguale; il giorno dopo che il pilota di Formula 1 Nannini cadde con l'elicottero e si tranciò una mano, c'era chi faceva il gesto di reggere un volante, con una mano nascosta nella manica, dicendo: "vrooom! Vroom! Chi sono? Chi sono?"

C'è chi potrebbe pensare che si tratti di un fenomeno limitato ai nostri tempi. Devo deluderlo, non è così. Mi viene in mente un episodio legato ad un avvenimento successo moltissimi anni fa, il rapimento del "baby Lindbergh." Il figlio di 18 mesi del famoso trasvolatore venne rapito la notte del 1° marzo 1932; il rapitore utilizzò una scala di legno costruita artigianalmente per entrare nella sua camera al primo piano.

Venne chiesto (e pagato) un riscatto, ma il bimbo era già morto: la scala si era rotta durante la discesa, rapitore e bambino erano caduti e quest'ultimo era rimasto ucciso. Questa, molto in sintesi, è la storia.

Fu un caso che suscitò molto scalpore, sia per la notorietà del padre che per la "copertura giornalistica" che gli venne data; e, immancabilmente, ci furono persone che fiutarono immediatamente l'affare. Alcuni, dicendosi in contatto coi rapitori, si proposero come intermediari con l'evidente scopo di spillare quattrini, ma ci fu anche chi scogitò sistemi "legali." Già il giorno dopo il ritrovamento del corpicino, il cantante contry Bob Ferguson incise due canzoni (una delle due con un titolo veramente stucchevole, "c'è una nuova stella nel cielo").

Ma non basta: fuori dal tribunale dove si celebrava il processo al sospettato (un certo Bruno Hauptmann, che finì sulla sedia elettrica) c'erano dei personaggi che vendevano come souvenir le repliche in dimesioni ridotte della scala usata per il rapimento. Se non ci credete, le potete vedere nella fotografia. C'è poco da aggiungere: homo homini lupus.

1 commento:

  1. A volte, sull'altro sito, apro taccuini in ricordo. Bologna, Ney York e Breslan sono forse le tragedie che più mi colpirono. Ma nelle orecchie ho il boato di Piazza Fontana (abitavo a 300mt in linea d'aria), Ustica, Viareggio... ed ogni volta c'è sempre qualcuno (non lo battezzo col nome che vorrei) che mi istiga a dimenticare. Perchè dovrei? mi ricordo ancora le splendide parole di Giovanni XXIII° col "discorso della luna" quando disse di portare a casa ai piccoli una carezza, con lui come mittente. ricordo l'omicidio di Kennedy (avevo una manciatina di mesi, essendo di Febbraio '63) ricordo il Muro di Berlino abbattuto, ricordo tantissime cose che sono avvenute a cavallo del XX° e XXI° secolo, belle e brutte e perchè dovrei dimenticare? forse che gli ebrei hanno dimenticato Bergen Belsen piuttosto di Mathausen? io non ho voglia di intavolare un discorso sulla cialtroneria da puttaniere del capitano della Concorida, e non voglio dimenticare quelle vittime le cui anime gli auguro gli infestino di incubi le volte che chiude gli occhi per dormire, ma non ridiamo su ch è mancato o, come dicono quelli che parlano bene, disperso. hanno lasciato un vuoto in chi è rimasto, in chi non li ha conoscuti ma ha abbastanza sensibilità per sentirne la perdita, in chi cercava solo qualche giorno di svago magari per dimenticare per un po' i suoi problemi. pur inorridendo, vengano i presunti spiritosi, non si rendono conto che con le loro idiozie contribiusono a fare sì che chi ha un'anima, rammenti e non dimentichi.
    LSL

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