martedì 30 agosto 2011

Milano come Rio, Rio come Milano


Una sera (sul tardi) di fine luglio, la tv si ferma su Current. Mancano tre giorni e poi il canale chiuderà, spazzato via da Sky, c'è chi dice per vendetta, chi per fare un  favore al Cavaliere. Ma non è questo l'importante. Un giovane giornalista un po' rotondetto (che assieme al cameraman strizza un po' troppo l'occhio ai dettagli pruriginosi) vola in brasile per un servizio sui transessuali.

Parte l'intervista-verità a due prostitute trans, lo sfondo è l'habitat tipico di questa specie: i viali di Rio de Janeiro. La prima (non ricordo il nome), 53 anni di cui 43 passati sui marciapiedi, viso segnato dai tanti anni passati in trincea e dal botox. La seconda, Patricia Araujo, nota pornostar transessuale (è quella nella foto qui sopra), viso da bambola e un corpo che sembra fatto apposta per il peccato - pure troppo.

Di entrambe ti colpisce da subito un fatto: non sono doppiate, parlano un italiano perfetto, magari solo un po' accentato. Il motivo è presto detto: tutte le trans brasiliane, prima o poi, hanno avuto un periodo di "lavoro" in Italia. Perché? A quanto pare l'Italia è il primo paese al mondo per richiesta di prosituzione transessuale. Un dato curioso che emerge è che la maggior parte dei clienti si definisce eterosessuale, però poi chiede di essere passiva durante il rapporto.

Le storie di queste transessuali si assomigliano più o meno tutte: un passato di abusi, o di abbandono, o di povertà (o di tutte e tre le cose insieme), le prime marchette, i primi soldi, le prime operazioni (seno, naso, glutei, in Brasile sono all'avanguardia in questo campo), e poi il viaggio della speranza in Italia, prima sui marciapiedi e poi -  se si è brave e carine - in casa.

Per cercare di riuscire a farsi un nome, un sito internet, magari anche qualche film, e poi arraffare quanto più possibile, capitalizzando l'unica risorsa a propria disposizione, mettere da parte ogni centesimo per tornare in Brasile con una "dignitoso" gruzzolo. Ammesso poi che tra sfruttatrici e affitti vari (non solo la casa: ti affittano anche il pezzo di marciapiede su cui lavorare) ci si riesca.

Proprio come la Araujo, sotto trattamento ormonale fin dai 10 anni, fuggita di casa e subito marchettara, che sfoggia una conoscenza dei viali di Milano (e della loro fauna) meglio del tuttocittà. Prostituta, pornostar, una villa con vista su Copacabana pagata con gli euro degli italiani, e un sito internet dove puoi trovare, tra le tante, una gallery intitolata "Patricia Araujo e Camilla De Castro scopano fino alla morte."

La scelta del titolo denota un gusto veramente pessimo, ma chi dice che le trans debbano averne? In fondo sono persone come tutte le altre, sensibili o grezze, gentili o scorbutiche. E comunque al maschio medio quello che importa è ben altro... Pessimo gusto, dicevo, dato che la De Castro alla morte ci è arrivata davvero, si è suicidata nel 2005. Forse depressa, forse sotto stupefacenti, forse perché aveva scoperto di essere sieropositiva. E anche questo è uno degli infiniti altri lati della medaglia.


Per approfondimenti (leggete che ne vale la pena):
Preziosa, la prostituta trans che ha avuto il coraggio di denunciare i CPT
La tratta delle transessuali, business da 20 milioni al mese

venerdì 26 agosto 2011

Fenomenologia dello Strap-On

Questo riepilogo non è disponibile. Fai clic qui per visualizzare il post.

giovedì 25 agosto 2011

A Silvia: rimembri (per favore: leggi e lasciami in pace)


Nel "fondare" questo blog mi ero ripromessa di non dar seguito ad eventuali polemiche, perché lo desideravo come un luogo di pace. L'amara realtà è che non sempre ci si può attenere ai propri propositi, specialmente nei confronti di una persona che, dal mio punto di vista, continua ad importunarmi. Vengo e mi spiego.

Qualche tempo fa ho raccontato in un post di come è andato il mio ultimo incontro con i fundraiser della comunità I Lautari, e di come questo incontro mi abbia lasciato abbastanza dubbiosa sulla serietà di questa associazione.

Non ho voluto entrare nel merito delle problematiche legate alla tossicodipendenza e al suo recupero, un argomento molto delicato e complicato del quale non ho alcuna esperienza. Quel post aveva come unico scopo quello di riportare le riflessioni di una persona "comune" di fronte ad un certo tipo di attività di autofinanziamento su cui nutriva dei dubbi.

Nello scrivere quel post mi sono resa conto che, alla fine della fiera, non ero riuscita a confermare o smentire i miei dubbi, ad arrivare ad una posizione definitiva sulla questione; quello che sice "un finale aperto." La principale fonte di quell'incertezza era la pagina di un forum esterno al mio blog (ripeto: era su un altro sito, NON IN QUESTO BLOG, e con questo blog o la sua autrice non aveva niente a che spartire); mi sono sentita in dovere di riportare integralmente quel forum nel mio post (definiamolo una specie di "ritaglio di giornale") per condividere con chi legge i miei dubbi e, forse, avere un chiarimento in futuro.

QUEL FORUM era stato molto dibattuto e combattuto (finché non è poi stato chiuso, probabilmente per "eccesso di polemiche"); c'era chi diceva una cosa e chi rispondeva l'esatto contrario, insulti più o meno velati e via via di questo passo, in un crescendo di posizioni sempre più intransigenti e irrispettose. Lo ripeto ancora una volta per essere chiara al 100%: quel forum era esterno a questo blog, lo scambio di vedute è avvenuto in un'altro contesto, non QUI.

L'altroieri una lettrice di nome Silvia (che non ha lasciato alcun indirizzo, altrimenti avrei contattato privatamente evitando questo polverone) si è sentita in dovere di scrivere un commento a riguardo. Non ho voglia di riportarlo nuovamente qui, se lo volete leggere lo trovate in fondo a quel post, dato che non l'ho cancellato. Trovate anche la mia risposta che, lo ammetto, è stata abbastanza piccata - ho trovato i modi e i contenuti di Silvia decisamente sgradevoli. Ho il sospetto che la sensazione sia stata reciproca, ma del resto non sta scritto da nessuna parte che si debba essere tutti uguali e tutti piacevoli.

Da quello che Silvia ha scritto mi sembra chiaro che sia stata vittima di un abbaglio: lei è convinta che quello scambio di commenti sia avvenuto nel mio blog. Spero che adesso abbia capito che non è così. Ad ogni modo, dopo averle risposto, ho chiuso i commenti perché - come ho già detto - non voglio assolutamente che questo blog sia un luogo dove intavolare polemiche (e anche queste righe le sto scrivendo decisamente controvoglia).

Da ieri Silvia sta cercando di inserire un altro commento, ben più lungo e che ritengo ancora più molesto e offensivo. Fortunatamente blogspot non glielo pubblica, perchè lo identifica come spam e lo filtra in maniera automatica. Meglio così. In un primo momento avevo deciso di rispondere a questo nuovo commento punto per punto, ma adesso decisamente non mi interessa più farlo.

Non mi interessa perché ritengo di essere una persona pacifica e pacifista e - nonostante l'opinione di Silvia - anche aperta al dialogo, purché sia costruttivo, non unilaterale, e che avvenga in un clima disteso. E non di sopraffazione verbale. Per cui a Silvia dico: ho ascoltato il tuo punto di vista, non lo condivido così come - ho già detto - non condivido modi e toni.

Ti ringrazio per avermi definito "signorina", per una persona come me questo è uno dei migliori complimenti - indiretti - che ho mai ricevuto. Una "persona come me" significa crossdresser, travestito, un uomo che si veste da donna e poi fa sesso anale e orale con altri uomini, donne e anche animali, se capita. Forse non avevi capito nemmeno questo. Adesso che lo sai, e visto che ti descrivi come una persona aperta al dialogo, mi auguro che tu provi abbastanza schifo da lasciarmi stare.

Ti faccio presente che scrivere in maiuscolo su internet è l'equivalente di mettersi a gridare nel mondo reale. Forse non ci crederai, ma le regole sono queste, chiedi a chiunque. Ne deriva che i tuoi due commenti sono pieni di strilli isterici, e io non tollero le persone che gridano, a maggior ragione in casa mia.

Il motivo per cui nel mio blog non puoi esprimere liberamente ciò che pensi  è che questo non è un blog pubblico, come tu erroneamente credi. Questo è il mio blog. Se vuoi esprimerti liberamente apri un blog tuo. Se guardi la colonna qui a destra leggerai le parole la permanenza o la cancellazione dei commenti è a mio insindacabile giudizio. Donna avvisata... donna avvisata.

Ho la netta sensazione che ti stiano prudendo i polpastrelli dalla voglia di mandare un'altra delle tue risposte arrabbiate. Ti avverto che non sono disposta ad ospitare più nessuno dei tuoi interventi, e se vai avanti così bloccherò la possibilità di inserire qualsiasi commento, a te e - per causa tua - anche agli altri lettori.

Come faceva la canzone? Questa è casa mia, e qui comando io. E adesso basta.

domenica 21 agosto 2011

Shibari for beginners



N.b. Se sei un amante dello shibari è meglio che non leggi... o forse sì.

Nel SM (come in tante altre cose del resto) non bisognerebbe mai dire mai. Ci sono alcune "pratiche" che non ho mai provato, in generale si tratta di quelle che trovo inutili, poco stimolanti oppure eccessivamente pericolose. Una di queste era lo shibari, l'antica arte giapponese della legatura.

Devo essere onesta: ho sempre ritenuto lo shibari una cosa insulsa e, per di più, praticata da fanatici sbarellati per filosofie orientaleggianti. Devo ammetterlo, mi sbagliavo in pieno, e agli shibaristi (si dice così?) porgo le mie più profonde scuse. Mai dare giudizi avventati.

Il tutto è nato quando, qualche giorno fa, per caso ho trovato su internet una bellissima vignetta in Japan-style che illustrava come fare da se uno shibari di livello da vera principiante. Un po' per la passione che ho per i fumetti, e un po' per il fatto che la cosa sembrava abbastanza semplice, mi è venuta voglia di provare.

Mi sono armata di una buona lunghezza di corda, e ho cominciato. Devo ammettere che, siccome in fondo in fondo non ci credevo molto, sono stata un po' tirchia nella scelta della corda, ne ho presa una - i puristi a questo punto inorridiranno - in polipropilene rosso, per la modica cifra di 3,20 euro per 60 metri.

Riporto qui di seguito i passaggi (traduzione e commenti miei):










Alcune considerazioni della sottoscritta principante: la corda in polipropilene era troppo rigida, e difficile da annodare (ovviamente, qualcuno dirà). Credo che una corda più morbida e di diametro leggermente inferiore (la mia era di 4 o 5 mm.) sarebbe meglio, ma a questo punto dichiaro la mia ignoranza e lascio campo libero ad un eventuale esperto che volesse proporsi. I sette metri indicati nel fumetto sono stati, per me, molto ma molto insufficienti. Non sottovalutate la quantità di corda "consumata" da nodi e giri vari.

Nota sulle immagini: per quanto io abbia provato a cercare, non sono riuscita a trovare chi ha disegnato questo fumetto (se cercate "shibari" su google immagini lo trovate pubblicato in molti siti, e in alcuni è anche a colori). A questo ignoto disegnatore - o ignota disegnatrice - va tutta la mia stima.

Cosa aggiungere? L'esperienza - per quanto di livello molto basso, lo ammetto - mi è piaciuta molto. La sensazione di costrizione (per niente scomoda) prodotta delle corde era molto sensuale, specialmente gli occasionali "strizzamenti" causati nei vari punti dai normali movimenti del corpo (compreso uno, inaspettato e dolorosissimo, al perineo durante un piegamento del busto). Eccitante!

Purtroppo credo che sarà difficile per me proseguire su questa strada, lo shibari fai-da-te ha dei comprensibili limiti e serve per forza un "maestro di corde". Volonteroso.

Un saluto dalla vostra Syuzee.


Aggiunta del 12/09/11:
Non molto tempo dopo la pubblicazione di questo mio post è arrivata la notizia della morte di una ragazza e il ferimento grave di un'altra nel corso di un gioco - finito molto male - in cui erano coinvolte delle pratiche shibari. Non desidero entrare nel merito di questa vicenda, salvo esprimere (per quel che vale) il senso di dolore e smarrimento che essa mi suscita.

L'emozione che questa notizia ha trasmesso al mondo (sia "reale" che SM) è fortissima, tanto che ha suscitato profonda commozione e ampi scambi di vedute - che purtroppo sono sconfinati anche in polemiche, inutili distinguo e sciacallaggi. Non desidero associarmi a questo circo, tuttavia non posso nascondere il fatto che questa vicenda mi ha turbato parecchio.

Come ho detto qui sopra, sono totalmente inesperta di shibari; tuttavia nella mia inesperienza ritengo che la legatura che ho esposto qui abbia un potenziale di rischio molto basso. Un po' la differenza che passa tra un petardo e una bomba H. Tuttavia, come del resto per qualsiasi attività umana, il rischio non è eliminabile al 100%.

La mia amica Manuela invece ha partecipato ad un corso di Shibari tenuto da un professionista, e mi ha raccontato di come il tema della sicurezza sia fondamentale; ad esso va dedicata parecchia attenzione, perché una legatura fatta male può causare danni gravi e permanenti. La storia recente lo dimostra.

Riassumo le raccomandazioni di Manuela nei quattro punti che seguono, che vi prego di leggere attentamente se decidete di accostarvi al mondo dello shibari (ma in generale valgono sempre):

1) Corde e nodi possono essere infidi, ed è possibile che in un momento di emergenza siano impossibili da sciogliere. In questo caso forbici e coltelli possono essere inefficaci o addirittura pericolosi specie se la bondagetta, anziché svenuta, è presa da un attacco di panico: il rischio di tagliare vene o arterie è altissimo. L'unico oggetto utile in caso di taglio rapido è un paio di cesoie da giardinaggio: affilatissime, hanno una punta arrotondata che permette di infilarle a contatto della pelle senza provocare neanche un graffio.

 2) Il breath control, una pratica che a volte è associata allo shibari o al bondage, dev'essere fatto sempre in TOTALE SICUREZZA; molti fan della miscela soffocamento/autoerotismo sanno benissimo che se qualcosa va male (ad es. se lo sgabello dove hanno simulato l'impiccagione scivola, oppure in caso di svenimento) la sega finisce in suicidio. La fine di David Carradine ce lo insegna.

3) Il bondage, lo Shibari, sono cose da non improvvisare. E' consigliabile seguire un corso - se ne tengono di periodici - in modo da sapere esattamente ciò che si sta facendo.

4) MAI FARE SESSIONI DI QUALSIASI GENERE SOTTO L'EFFETTO DI DROGHE O ALCOOL: la vigilanza e l'attenzione devono essere le stesse di un pilota di caccia o di un astronauta (e questo vale per tutti i partecipanti, indipendentemente dal ruolo). Non improvvisiamo degli scenari complicati solo perché li abbiamo visti in TV.

Desidero aggiungere una piccola postilla: in questo blog certe volte tratto argomenti "seri" con quella che apparentemente può sembrare "leggerezza"; vorrei chiarire che il mio non è mai un invito ad essere incoscienti o azzardati. Tenete presente questi consigli, e usate prima di tutto la testa.

venerdì 5 agosto 2011

Sorci


Ho letto un libro in cui viene descritto cosa sucederebbe al mondo se l'uomo scomparisse. Il genere umano, intendo. Di colpo, all'improvviso. Puff! I primi a risentirne sarebbero i sorci. I topi, i ratti. Ci credereste? Sono gli unici che per vivere dipendono completamente da noi, senza gli uomini non potrebbero sopravvivere. Niente più cibo e rifugio. Cani e gatti tornerebbero selvatici, e ce la farebbero comunque; i topi no.

E allora ho pensato: immagina se noi, persone comuni, anonime, scomparissimo all'improvviso. Noi che formiamo il 99% del genere umano, i non eletti. Ecco che tutta una serie di personaggi inutili che campano su di noi inizierebbero a morire di fame. Parlamentari, calciatori, ministri, veline, religiosi, presentatori, prezzemoline, attorucoli, stilisti, vips e star, proprietari di locali alla moda, capitani d'industria... tutta gente che non sa di dovere a noi plebei la propria fortuna, ma che anzi ci snobba solennemente...

Nelle loro ville in Sardegna, nelle loro suite in esclusivi hotel della Florida, sui loro yacht chilometrici, ormai irrimediabilmente vuoti e inutili proprio come loro stessi, si guarderebbero negli occhi l'un l'altro con sgomento, dicendo: "e adesso?" E si renderebbero conto finalmente di essere dei parassiti.